19 agosto 2009

Tre di tre


Tra tastiera e zanzare tigre come kamikaze, mi sento un reporter di zona di guerra, nel vapore d’agosto che dà alla testa e un’esperienza da raccontare. Intanto il viaggio. Strano. Attraverso l’acqua. Attraverso le terre di Orto di carta. Lasciata la veste della tigre in ciabattine verdi che si fa avanti e indietro i suoi tre metri di gabbia, un pugno al vetro, si salta di là e si parte. Incredibilmente in quattro. Due, più “la nebulosa”. Come si sa, le analisi obiettive si fanno dall’esterno di un sistema. Complimenti a Mattia per questa definizione dei miei figli adolescenti. Tutto ciò che in me c’è di cristallino e brillante affonda in questa nebbia, ma devo tenermene fuori, non farmi assorbire dal nulla. Difficile, mi attira la loro energia nera. Energia che si alimenta della mia frustrazione e stanchezza, combattono per annullarmi e diventare sé stessi. Solo vorrei che avessero i mezzi per sapere cosa diventare. Vorrei moltiplicare per loro le esperienze. Per questo ho lottato e barato per portarli con me al progetto Maioma.
Non mi interessa fargli vedere quello che condivido, vorrei soltanto che vedessero, più cose, più modi. Ridono. Non vuoi che fumiamo e ci porti dove tutti fumano e il pacchettino di tabacco e le cartine sono sempre sul tavolo? Sei stupida.
Può darsi.
MaIoMa racchiude il nome di tre bambine indimenticabili, forti come la pietra della valle. E magnetiche. La pelle bianchissima, le testoline rasate, le collanine di corda e albero.
La prima è il ferro con pagliuzze d’oro, la seconda sta tra il rame e l’argento, la terza e piccolissima è una lama affilata e lucida d’acciaio. Hanno già assorbito la foresta dentro di sé. Come folletti ti inseguono e si arrampicano, le tue braccia trasformate in rami da cui dondolare e fare capriole.
Come una giornata al mare, ti lasciano senza forze. Le orecchie piene di gabbiani, la pelle graffiata dalla sabbia di vetro. Mi sono entrate dentro in un giorno, mi sembra di conoscerle da sempre. Le guardavo e le immaginavo tra dieci anni, in un possibile incontro a distanza nel tempo.
Difficile non abbracciarle. Certamente si ritrarrebbero, non capirebbero l’impeto d’affetto di una sconosciuta. Tre bambine. E tre cani e tre case. Di stoffa, di pietra e di paglia, quella che siamo andati ad aiutare a tirar su. E tre famiglie sconosciute, quella di Mattia e Valeria, quella di Dennys e Marina, quella di Fabio e Tati. Di lavoro alla fine non ce n’è stato molto, è apparso un tetto che non c’era. Conoscersi è stato il “lavoro”. Imparare la sensibilità di ognuno. Imparare gli oggetti. Riconoscere le proprie dipendenze. La mia è grave, mi fa sentire invalida. Dipendente dal vaso in ceramica ( di casa ) al cento per cento. Al secondo giorno mi sentivo male, al quarto se non tornavo a casa ero da pronto soccorso. Il compost toilet è stata una sfida, persa. Se il mio cane non riuscisse a mangiare senza ciotola, lo considererei inadatto alla vita. E così mi sento io. Ma che animale sono? Maledetto corpo pieno di vizi, dovrei allenarti, ma è un allenamento ben strano e difficile!
Il confine tra domestico e selvatico.
Diventa così chiaro quando sei nel bosco, in tenda, di notte e ti togli gli occhiali e li metti dietro il cuscino insieme alla torcia a manovella. Pensi a come il buio pesto senza occhiali diventi inspiegabilmente più pesto, eppure non puoi vedere meno di non vedere nulla. Si può vedere il nero fuori fuoco?
Mi sembrava di sì. allucinazioni da vapore acqueo.
La Valchiusella è montagna calda e umida. Si affaccia sulle risaie del Piemonte come si guarda nella pentola sul fuoco. Ha questo respiro di drago che dorme, la terra è morbida, un bel panettone a saltarci sopra, con affondate le più belle pietre che si possano immaginare, scaglie lucenti di tutti i metalli. I sentieri sono lastricati a sassi, protetti da muretti di sassi che finiscono in piccole case di sassi. Una pietra su dieci è metallica, l’effetto è notevole. I tabernacoli dipinti agli incroci e i castagni che custodiscono tutto questo nell’ombra e nel silenzio danno a questa piccola terra un’aura magica che lascia incantati.
A me mi veniva un po’ malinconia medievale, so che voi del gruppo Maioma l’avete sentita, ma non la so spiegare! Anzi sì, ma il gioco è bello quando dura poco e mi fermo.
Il CIR alla Greta ha portato l’occasione di questo incontro, poche parole a mezzanotte davanti ad una pizza mangiata in piedi hanno creato tutta questa a vita e tutti questi ricordi.
Onore e gloria al CIR e alla vita che si incontra!

Meeme
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03 agosto 2009

Agricamping da Harlock

E' stato inaugurato il nuovo campeggio.





E' avvenuto sabato primo agosto per l'occasione del compleanno della piccola, che finiva sedici anni.
Disponiamo per adesso solo di una piazzola per tenda, perché non esistono terreni pianeggianti, ma si possono ricavare con qualche piccola opera di livellamento, basta prendere la zappa. Non disponiamo di acqua corrente, si prega la gentile clientela di portarsela da casa, perché qui serve per innaffiare quello che è rimasto nell'orto.
La cucina è aperta a tutti, dispone di stufa a legna, acquaio in graniglia, tavolo sei posti e quattro seggiole. Nei pressi della cucina c'è il rinomato forno di Harlock.
Ringrazio la improbabile gentile clientela, per il tempo impiegato a leggere questo messagio informativo.