26 marzo 2009

Contadino per passione, o per paura?

A volte mi chiedo, ma chi me lo fa fa', d’ammazzammi di fatica, per un po' d'olio e qualche verdurina fresca.
Se paragonato al lavoro che c'è da fare per riuscire ad avere qualche frutto, sembra che non ne vale la pena, ma se pensi alle schifezze che ci vendono al supermercato, allora sì che ne vale la pena.

A "Striscia" stasera hanno fatto vedere cosa fanno con mucche che dopo anni di sfruttamento intensivo per far latte, si ammalano: lo chiamano il fenomeno delle "mucche a terra". Queste non possono più camminare con le loro zampe e devono abbaterle sul posto, ma illegalmente sono caricate e scaricate dai camion con modi alquanto rozzi, trascinandole con argani e trattori. (meno male che io il latte lo prendo direttamente dal contadino e le poche mucche che ha sono felici di vivere).

22 marzo 2009

Potatura olivi

Tempo di potatura per gli olivi.

I motivi principali per cui l'olivo va potato sono: la formazione e il mantenimento della pianta; ottimizzare la produzione in modo di avere un raccolto costante da un anno all'altro.

Esiste il fenomeno dell'alternanza di produzione, che in parte si può contenere con una potatura più o meno forte rispetto all'anno di carica e di scarica.

La scelta dei rami da tagliare non è sempre ovvia, specie negli alberi molto vecchi e magari potati male in precedenza. Dobbiamo sapere che l'olivo fruttifica principalmente nei rametti dell'anno precedente e che deve avere un'esposizione solare più ampia possibile.

La forma delle mie piante è principalmente a vaso, che consiste in una forma a imbuto, con un tronco principale abbastanza basso, (meno di un metro) che si dirama con tre branchie principali, diventando sei in altezza. Su tutte le branchie partono i rami di sfruttamento, che necessitano di un ringiovanimento nel tempo, sostituendoli con nuovi ributti.

Adesso proverò a scrivere il mio metodo di potatura.

Guardo l'aspetto generale della pianta, perché non tutte le piante devono essere potate allo stesso modo. Salgo sopra togliendo i polloni, (questi non fruttificano e tolgono forsa ai rami principali) tolgo i rametti che s’indirizzano verso l'interno, poi salgo sulle branchie fino a che posso arrivare nella parte più alta, dove la vegetazione è molto vigorosa e necessita maggior sfoltimento. Per il taglio dell'estremità più alta è importante aver visto prima di salire se l'altezza della pianta è giusta. Continuo scendendo in basso, tagliando i rami incrociati, quelli che hanno già fruttificato e a sfoltire dove la luce non riesce ad entrare. Bisogna fare attenzione a non togliere rami importanti nella parte bassa, perché l'olivo tende sempre a formare nuovi rami in alto dove c'è più luce e in basso tende a rimanere scoperto. Finisco con riequilibrare la pianta da terra usando magari lo svettatoio.

Non uso mai la scala per potare, sono del parere che, se non puoi arrivare da sopra la pianta a tagliare i rami estremi, va tagliato il ramo più grosso dove si può arrivare.







Olivo prima e dopo la potatura.








Un olivo in stato di abbandono, torna ad assere un grande cespuglio come nella sua natura. Questo produce olive molto piccole e difficili da raccogliere.








Questi sono olivi destinati a finire dietro le sbarre, delle ville!








(dedicato a equipaje)

C'è qualcuno, incurante della dignità di un albero mitologico come l'olivo, che lo concia in questo modo. E' come mettere la camicia con i fiorellini a Chuck Norris.

10 marzo 2009

Orto sinergico

Nel mio uliveto non ho un vero orto, perchè non c'è uno spazio abbastanza grande per poter mettere solo ortaggi.
Sono costretto a ricavare spazi tra gli olivi lungo i terrazzi, come in questo caso.
Grazie a Nicola e i suoi appunti di Emilia, ho abbozzato un idea di orto sinergico.
Con la super visione di Mirtillo, (lui controlla sempre lo svolgimento dei lavori) ho fatto un bancale dove la coltura principale sono i pomodori, come si vede ancora non ci sono, ma ci sono i cavoli il sedano le cipolle, l'aglio e i fagiolini nani.

p.s. le linee non sono dritte perché non userò mai il filo!


04 marzo 2009

Non abbiamo bisogno del nucleare

PETIZIONE POPOLARE

NON ABBIAMO BISOGNO DEL NUCLEARE

Al Presidente della Repubblica,
Al Presidente del Senato,
Al Presidente della Camera Deputati,
Al Presidente del Consiglio,
Ai Parlamentari tutti

Noi cittadini e cittadine italiane, visto il “Piano Triennale per lo Sviluppo”, approvato dal Consiglio dei Ministri, che lancia “il ritorno all’energia nucleare”, facciamo presente che:

a. Il popolo italiano ha votato a larghissima maggioranza, con i 3 referendum del 1987, l'uscita definitiva dell'Italia dall'avventura nucleare, come hanno deciso anche Austria e Polonia (che non hanno avviato le loro centrali già costruite), Danimarca, Grecia, Norvegia e Irlanda (che hanno rinunciato alla loro costruzione), Germania, Belgio, Olanda, Spagna e Svezia (che hanno deciso di non costruire più centrali nucleari nel loro territorio, puntando sulle energie rinnovabili).

b. Il nucleare non ci libera dalla dipendenza dall'estero: l’uranio è una fonte esauribile; per far funzionare le centrali dovremmo importarlo e il suo prezzo sta salendo ancora più rapidamente del petrolio: dal 2001 al 2007 si è moltiplicato per dieci.

c. Non esiste il nucleare “sicuro” e “pulito”: i reattori di “quarta generazione” sono previsti tra 25-35 anni (dopo il 2030, attorno al 2040); intanto il governo vuole costruire centrali di “terza generazione” che non hanno risolto né il problema della sicurezza ( non c'è solo Cernobyl, ma decine di incidenti gravissimi come quelli che hanno provocato 7 morti nelle centrali giapponesi tra il 1995 e il 2005) né di come smaltire le scorie che restano radioattive per centinaia e migliaia di anni.

d. La strada maestra sono le energie rinnovabili: Germania, Spagna, Austria, Grecia, Danimarca e tanti altri stati, europei e non, si stanno liberando dalla schiavitù del petrolio investendo grandi risorse sull'energia solare termica, fotovoltaica e a concentrazione, sull’energia eolica e sul risparmio e razionalizzazione degli attuali consumi. In Italia basterebbe coprire di pannelli fotovoltaici solo lo 0,1% (un millesimo) del territorio nazionale (utilizzando un decimo di tetti, pensiline, barriere autostradali ecc.) per soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

e. Il nucleare è fuori mercato, vive grazie a sovvenzioni statali e militari: Le stime Usa per i nuovi impianti danno il costo del kWh nucleare a 6.3 cent, addirittura il 20% in più dei 5,5 cent del gas o 5,6 del carbone (anche questi, peraltro, dannosi per la salute e l’ambiente). Per questo negli Usa, nonostante gli enormi incentivi stanziati da Bush, nessun privato ci investe dal 1976. L'unico reattore in costruzione in Europa è in Finlandia, perchè quello stato carica sul proprio bilancio (dei contribuenti) smaltimento delle scorie e smantellamento finale della centrale (che costa quasi come la costruzione). Gli altri 8 stati che, nel mondo, investono nel nucleare, lo fanno, quasi tutti, per produrre anche materia prima per le bombe: Cina, India, Russia, Pakistan, Giappone, Argentina, Romania e l'Iran, attualmente nel mirino degli Usa, perchè non è suo alleato.

Perciò chiediamo ai massimi rappresentanti di Stato e Parlamento di non tradire la volontà popolare e non imboccare, con i nostri soldi, questo costosissimo vicolo cieco.

I firmatari sono informati, ai sensi dell’art. 13 decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 [Codice in materia di protezione dei dati personali], che promotrice della petizione è la lista civica nazionale PER IL BENE COMUNE con sede nazionale in Ferrara, Piazzale Stazione 15 , e che possono esercitare i diritti di cui all´art. 7 del codice della privacy scrivendo al responsabile del trattamento dati personali dott.ssa Benini Monia. I dati personali verranno trattati per le sole finalità della presente petizione.

Per firmare la petizione clicca qui

I cinesi dove sono? ...

Anche se in ritardo, visto che sono senza far niente, (fuori piove); c'è questo articolo del "corriere fiorentino" che fa capire noi gente di Prato, poco inclini alla lotta e orgogliosi del nostro saper fare.

Il corteo silenzioso di Prato. Senza cinesi
In ottomila attorno allo striscione tricolore lungo un chilometro: «Non saremo l'Alitalia, ma facciamo volare la moda»


La gente rimasta in casa si affaccia dalle finestre. I commercianti escono dal negozio e quasi increduli, scattano foto. I vigili urbani fermi agli incroci fanno il saluto al passaggio dei Gonfaloni. Prato si è fermata per una mattina intera.

IN PIAZZA. Il cuore della città è stato pedonalizzato, transennato, per far passare lungo le vie del centro e oltre, il tricolore dei record e gli ottomila pratesi che senza grida, senza cori, fanno quello che non hanno mai fatto prima: scendere in piazza, ritrovare unità e identità, stringersi attorno allo striscione lungo un chilometro cucito e assemblato a regola d'arte. A fine mattinata anche gli uomini della questura ammetteranno di «non aver mai visto una roba del genere» nella città degli stracci.

LA MANIFESTAZIONE. Poco importa se il ministro Renato Brunetta nel pomeriggio, da Arezzo, dirà che «scendere in piazza non serve a nulla». Il messaggio da Prato è partito. Ed è un piccolo striscione — uno dei pochi — scritto con un pennarello nero dai ragazzi dell'istituto Buzzi (circa 200 alla testa del corteo) a rendere l'idea di quanto orgoglio e passione riesca ancora a nutrirsi il distretto tessile, in assenza di mercato: «Non saremo l'Alitalia, ma facciamo volare la moda». I pratesi non amano proclami o minacce. E ieri, a parte il tricolore, non c'erano nemmeno le bandiere (ad eccezione dei 15 Gonfaloni dei Comuni limitrofi e degli antichi rivali di Biella e Carpi). Nessuno stemma di partito, pochissimo rosso (Cgil), poco bianco (Cisl) o azzurro (Uil). Dal palco allestito in via Mercatale (con la gente arrivata alle 9) gli altoparlanti sparano le canzoni di Fabrizio De André. Sotto il palco c'è il vuoto. Ai lati della piazza circondata dallo striscione dei record — su cui è ripetuta all'infinito la frase «Prato non deve chiudere» — le prime centinaia di persone. Il cantante, abituato a ben altri palcoscenici, chiede di avvicinarsi.

GLI APPELLI. L'appello non funziona nemmeno quando sul palco saliranno gli oratori di «professione»: i politici (il sindaco Marco Romagnoli, il presidente della Provincia Massimo Logli e i parlamentari pratesi, Riccardo Mazzoni, Antonello Giacomelli e Andrea Lulli) e i rappresentanti delle categorie, tra cui il presidente degli industriali Riccardo Marini e quello di Confartigianato Stefano Acerbi. Da tutti parte l'appello a governo e banche. Gli applausi non sono così calorosi, ma in fondo la cosa più riuscita è la manifestazione. Manifestazione a cui sono totalmente assenti i cinesi, se non l'imprenditore Xu Qui Lin, per tutti Giulin. Per tutta la mattina non ne abbiamo incontrato uno nemmeno lungo il tragitto del corteo. L'unico che davvero si fa notare è Fabio Giusti, 56 anni, titolare della tintoria Fantasia, 62 dipendenti, una decina in cassa integrazione. Sulla testa regge il cartello «il made in Italy siamo noi»: «Sono in piazza accanto ai miei dipendenti». La brutta notizia è che da domani, dice la Cgil, oltre 1.100 lavoratori dell'artigianato «corrono il rischio di restare senza reddito perché il governo non ha rifinanziato la cassa integrazione straordinaria». In otto anni nella Fiat del tessile italiano — che proprio come la Fiat o Alitalia vorrebbe l'attenzione dal governo, «a cui chiediamo misure per gli ammortizzatori sociali », dice Marini — hanno chiuso quasi duemila aziende. Una strage. Due donne in bicicletta guardano il grande corteo che sfila sotto i loro occhi. Una racconta: «Ieri ho incontrato Marco, quello che era in classe con i nostri figli. Era sconvolto, dal 31 dicembre è a casa. L'azienda ha chiuso».

Alessio Gaggioli (ha collaborato Agata Finocchiaro)
01 marzo 2009(ultima modifica: 02 marzo 2009)


...A LAVORARE! (i cinesi)

01 marzo 2009

Prato non deve chiudere

Accompagnato allo slogan "Prato non deve chiudere", ieri si è svolta un'importante manifestazione per salvare il distretto tessile pratese, famoso nel mondo per i suoi tessuti di qualità.
Le origini del tessile di Prato risalgono al medioevo.
Adesso il tessile a Prato rischia di scomparire per sempre.

Queste sono alcune foto della manifestazione, ho fatto anche un piccolo video.

Lo striscione è il più lungo del mondo, misura 1022 metri.